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Le mie 7 regole, non solo di scrittura ma anche di vita

Quello che stai per leggere non vuole essere un supporto sul quale basare la tua attività di scrittore / scrittrice.

Non ne sono in grado, e neppure credo possa esserti utile.

Vorrei avvicinarti al mio modo di scrivere e, di conseguenza, a quello che è il mio mondo, perché, poi, in fondo, io sono ciò che scrivo.

Cominciamo.

 

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1) Vincere la pigrizia.

Scrivere mi piace, da sempre.

Ho iniziato a undici anni, e non ho più smesso.

È un esercizio per me naturale, ma che mi stanca. Non è latore solo di gioie, ma anche di sacrificio.

Per fare comprendere il mio stato d’animo quando mi accingo a scrivere, uso spesso la metafora della corsa.

Amo correre, e lo faccio con metodo e costanza da decenni.

Ogni volta, però, si ripete un rituale collaudato.

Parto svogliato, e trascorro i primi cinque minuti a chiedermi chi me lo ha fatto fare, perché non me ne sono stato a casa, e perché continuo con quello che non è più allenamento, ma accanimento terapeutico.

I muscoli mi fanno male, il fiato è corto, stento a trovare il ritmo, e tutto ciò che di negativo può esistere al mondo, mi si presenta davanti.

Essendo cocciuto per natura, non mi arrendo e continuo.

Ed ecco che, come per magia, le gambe trovano un passo costante, il fiato si regolarizza, e correre diventa un piacere.

Arriva la sensazione di pace che il contatto con la natura dona, e quell’esercizio primordiale mi fa sentire parte del mondo che si muove attorno a me.

Al termine dell’allenamento, mi sento svuotato, in pace, e la sensazione di benessere mi accompagna per il resto del giorno.

Con lo scrivere, le sensazioni sono le stesse.

Mi guardo intorno, prendo tempo, posticipo, ma arriva il momento in cui qualcosa accade.

Arrivano i miei personaggi, e vogliono raccontare la loro storia.

Le dita saltellano veloci sulla tastiera, e scrivere è un po’ come respirare.

Quando arriva il momento di chiudere il computer, loro mi guardano malinconici, ma sanno che sempre tornerò.

2) Perché scrivere?

Scrivere è un esercizio che consiglio a tutti: non ha controindicazioni.

Aiuta a liberare la mente, concretizzare idee e lasciare una traccia.

Siamo tanto bravi a scattare foto con i nostri cellulari, ma non pensiamo mai a lasciare una foto di ciò che abbiamo dentro.

Possibile sia più importante come appariamo rispetto a ciò che siamo?

Non hanno ancora inventato un selfie dell’anima, e ricordati che se vuoi lasciare traccia dei tuoi pensieri e stati d’animo, devi scrivere.

Per te, per i tuoi figli, per chi prenderà in mano le tue foto e si chiederà cosa stavi pensando in quel dato momento.

Partiamo quindi dal concetto che scrivere è di per sé un fattore positivo.

Trasformarlo però in un romanzo, o in un’opera che meriti di essere letta da altri, richiede un cambio di passo.

Ti (ri)propongo un esempio sportivo.

Fare sport fa bene a tutti: mette in moto il corpo, aiuta a mantenere il peso ed elimina tossine.

C’è però una netta distinzione fra sport amatoriale e professionistico.

Una cosa è la corsetta tre volte la settimana, altra partecipare alla Maratona di New York.

Non si vince una maratona di buon livello senza grandi sacrifici, rinunce e allenamenti costanti, oltre, diciamolo pure, a una predisposizione naturale.

Lo stesso vale per lo scrivere: se vuoi farne una professione, e raggiungere traguardi importanti, hai bisogno di costanza, studio e, come per il nostro amico maratoneta, un qualcosa che ti viene da dentro, e ti rende diverso.

3) Cosa scrivere?

Siamo arrivati al punto che ci siamo convinti che scrivere un romanzo sia la cosa giusta da fare, e siamo disposti a sputare sangue su quelle pagine bianche; ma da dove iniziamo?

Quando mi chiedono perché scrivo thriller, e perché i miei libri hanno questa o quella caratteristica, rispondo con un’ovvietà: scrivo ciò che mi piacerebbe leggere; o almeno ci provo.

Prima di essere uno scrittore, sono un lettore.

E come tale ho gusti e preferenze.

Ci sono generi che mi piacciono più di altri, e lo stesso vale per il modo di scrivere, e la costruzione stessa del romanzo.

A volte si tratta di tecnica, a volte di empatia che ho con lo scrittore.

Il mio modo di scrivere fatto di dialoghi, capitoli brevi, storie che si intrecciano e ritmo incalzante, in realtà non è altro che l’insieme delle caratteristiche che mi piace trovare in un romanzo.

La stessa considerazione vale per il genere: scrivo thriller perché amo leggere thriller.

Semplice, no?

Quindi, se posso permettermi di darti un consiglio, se vuoi cimentarti con la costruzione di un romanzo, guardati dentro, non attorno.

Immagina il libro meraviglioso che vorresti leggere, e prova a scriverlo.

4) Ritmo narrativo.

Credo che sia bene differenziare ciò che ci piace leggere perché lo abbiamo scritto noi, da ciò che può piacere a un lettore che non ci conosce.

Tieni sempre presente che tu sai cosa c’è dietro quanto hai scritto (ricordi, emozioni e altro) ma il lettore si limita a leggere, ed elaborare, le parole che hai scritto.

Spesso, a mio modesto parere, gli scrittori tendono a cadere in quella che io definisco masturbazione letteraria.

Termine poco ortodosso, ma che rende bene l’idea, visto che la masturbazione produce piacere solo per chi la pratica.

Allo stesso modo, alcuni scrittori spesso si perdono in descrizioni, pensieri e rappresentazioni che sono piacevoli per lui, ma ammazzano il lettore.

Sì, ho scritto proprio ammazzano, perché questo è ciò che provocano in chi legge.

La storia rallenta, si perde di vista il contesto del romanzo, e le pagine diventano pesanti anche solo da voltare.

Ti invito a togliere dal romanzo tutto ciò che appartiene a te, ma non alla storia.

È l’unico modo per dare un ritmo a ciò che scrivi.

Il ritmo narrativo, in parole povere, è la voglia da parte del lettore di andare avanti, di arrivare in fondo al capitolo e scoprire cosa accade nella pagina seguente.

È ciò che gli fa fare una smorfia quando, all’una della notte, dice a se stesso che deve smettere perché l’indomani dovrà alzarsi presto, ma gli piange il cuore, e trascorrerà la giornata con la voglia di tornare a casa, e riprendere in mano il libro.

Una storia meravigliosa, intrigante e piena di colpi di scena, può trasformarsi in un’agonia letteraria se ti lasci deviare da essa.

5) Contesto e personaggi

Qualunque sia il romanzo che hai in testa, è importante che il genere e i personaggi che hai scelto, si muovano su una base solida.

Ricordati sempre che stai costruendo una storia, e non esiste costruzione che si tiene in piedi senza solide fondamenta.

Nel mio caso, inserisco una storia di fantasia, in un contesto reale.

I miei personaggi camminano su strade esistenti, in città vere, con negozi e luoghi che tutti noi possiamo visitare.

Questo mi serve per fare sentire i personaggi reali, farteli vedere, nel vero senso della parola.

Ritengo che la scelta del contesto all’interno del quale si svolgerà la storia che hai in mente, debba essere fonte di uno studio attento.

Non improvvisare, non inventare nomi e luoghi al momento, ma realizza il plastico (in senso metaforico, ovviamente) dei luoghi nei quali la storia si svolgerà, e poi parti.

Lo stesso vale per i personaggi.

Mi permetto di darti un suggerimento: non trasporre te stesso, o le tue ambizioni, sugli attori della tua storia.

Ciò non significa che alcune tue caratteristiche o esperienze non possano appartenere a un personaggio, anche perché sarebbe impossibile.

Scriviamo ciò che siamo, ma è importante distinguere noi stessi, e la nostra vita, con gli attori della storia che stiamo scrivendo.

Il rischio, altrimenti, è, ancora una volta, di scrivere ciò che è bello per noi, perché ci appartiene, ma poco interessante per altri.

6) Finale.

Tutti noi scrittori abbiamo come fine ultimo quello di lasciare a bocca aperta il lettore.

Essere scontati non è cosa bella, nella vita così come nei romanzi.

Il finale che non ti aspetti, però, deve essere costruito durante lo svolgimento del romanzo, e avere delle basi.

Devi avere lasciato piccoli indizi che il lettore può non avere colto, e che si concretizzano e palesano alla fine.

Un finale incredibile, ma decontestualizzato, privo di fondamento, lascia il lettore con l’amaro in bocca.

Si sente ingannato, e lo scrittore rischia di perdere ciò che di buono aveva messo nella sua storia.

Non devi sforzarti di trovare un finale che sconvolga il lettore, ma devi attenerti a ciò che hai creato.

Mi rendo conto che chiudere un romanzo non sia facile.

È molto più semplice lasciare correre le dita sulla tastiera, e scrivere pagine su pagine, ma un traguardo ai tuoi protagonisti lo devi dare.

Mi è capitato spesso, nella mia lunga carriera di lettore seriale, di trovare finali scollegati dalla storia, ed è sempre stato fonte di delusione.

Il protagonista che ha una premonizione, il detective che appoggia la mano a un albero e visualizza la scena del crimine e identifica l’assassino, lentità che ha deciso tutto e si muove nell’ombra, ma non si spiega e non si capisce come ciò possa essere accaduto, sono, a mio modesto parere, un modo per ingannare il lettore.

E ingannare qualcuno non è il modo migliore di fidelizzarlo.

7) Obiettività.

L’ho messa per ultima, ma andrebbe messa all’inizio, a metà e alla fine.

Tornando a una delle metafore iniziali, se decidi di andare a correre la Maratona di New York devi essere preparato.

Conosci i tempi che fanno i tuoi potenziali avversari.

Se per correre 42 chilometri hai bisogno di dieci ore e una bombola di ossigeno, allora quella gara non fa per te.

Ti riporto alla considerazione secondo la quale scrivere è bello sempre, e per chiunque.

Devi avere, però, l’onestà intellettuale di valutare se ciò che hai scritto è bello per te perché ti appartiene, o può esserlo anche per chi non ti conosce.

Se la tua storia merita di essere letta da altri, oppure no.

E in questo bagno di umiltà, importante per tutti gli scrittori, anche professionisti, è bene farsi aiutare da altri, meglio ancora se sconosciuti.

Fai, dunque, valutare la tua opera da occhi e cuori indipendenti.

Accetta le critiche perché aiutano a migliorare.

E accetta anche l’opinione di coloro che ti dicono che il tuo non è il miglior libro mai scritto su questo nostro Pianeta.

Ho due figli, e per me sono i più belli e intelligenti del mondo, e anche dell’Universo già che ci siamo, ma lo sono per me. Agli occhi di altri, sono solo dei normalissimi bambini.

Ecco, la solita cosa potrebbe accadere anche per il tuo romanzo.

Alla fine, se sei riuscito a scrivere una storia che merita di essere letta, che anche altri hanno giudicato tale, e ti hanno invitato a pubblicarla, allora preparati a combattere.

Non sarà facile, ma devi farlo, perché è giusto che una bella storia venga pubblicata e letta.

E non ve lo dico da scrittore, ma da lettore.

Claudio Colombi

 autore del libro

La Bibbia di Kolbrin – l’avvento del distruttore

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Per la musica di sottofondo ringrazio Star Bright di Purrple Cat | https://purrplecat.com
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